La storia di Lucia

Gabriele Vittorio  > Lgbt, Psicologia Nella Rete >  La storia di Lucia
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Mi chiamo Lucia, ho 35 anni e sono Lucia anche sui documenti da 5 anni: ho concluso il mio iter a 30 anni. Lavoro in un call center, un lavoro curioso per me dirà, ma già ci lavoravo da prima di cominciare la transizione.
Ho seguito l’iter di riassegnazione in Toscana, all’ospedale di Careggi, mi sono rivolta a loro perché hanno un dipartimento che si occupa di Identità di Genere a più livelli, da quello psicologico iniziale, agli interventi chirurgici. La presa in carico è totale: grazie alla loro rete sono stata seguita dalla psicologa e dall’endocrinologa lì nella stessa struttura, che si chiama “Cubo” e poi sono stata indirizzata, da loro, al momento opportuno, per gli interventi chirurgici. Loro ti supportano anche a livello legale, con delle iniziative grazie alle quali potersi mettere in contatto con avvocati competenti. Io il mio, però, l’ho scelto tra le mie cerchie, me lo presentò una mia amica al tempo.
Il centro del Careggi, comunque, fornisce ogni sorta di supporto anche in questo: relazioni, perizie, tutto ciò che serve e si può presentare in tribunale per snellire il più possibile l’iter.
Proprio per aver cominciato la transizione sul lavoro, ho avuto modo di sperimentare la discriminazione in ufficio. Ho avuto molti problemi e ancora adesso ne ho. Non ho problemi con i capi, a loro non frega nulla della mia vita, gli interessa solo che svolga bene il mio lavoro. Non ho problemi con i clienti: per loro potrei chiamarmi Lucia, Francesca, Desdemona…a loro importa che una voce al telefono risolva i loro problemi. Ho casino con i colleghi, però, loro che sanno com’ero prima, ed hanno seguito il mio iter. Proprio il fatto di averlo seguito è come se li autorizzasse a schernirmi, a prendere una posizione nella mia vita.
Nel mio ufficio sono la sola donna transessuale, ma vorrei che ce ne fossero di più, perché per quanto io possa confidarmi non troverò mai chi mi capisce al 100%. Però io sono anche convinta che intorno a me ci siano persone transessuali, solo che non le vedo, perché come me forse hanno deciso di vivere una vita tradizionale. Una vita “nascosta”, direbbe Mikaela, la mia amica e coinquilina. Lei mi capisce, perché anche lei è in transizione, ma non ha ancora i documenti in regola, e dice che quando li avrà, non cambierà, non farà come me che invece gioco a fare la donna normale. Il nostro percorso è simile e diverso insieme: quando io ho iniziato la transizione avevo già un lavoro sicuro, lei invece mi ha insegnato che la prostituzione è anche delle brave ragazze, delle brave ragazze come lei che sono state rifiutate dalla famiglia d’origine ed hanno dovuto optare per una vita che mai si sarebbero aspettate. Mikaela infatti vede nel suo futuro la possibilità di plasmare il suo corpo a misura della sua psiche ed avere un lavoro più semplice, come il mio.
Ma non vuole vivere come me, dice che quella lettera T farà sempre parte di sé, a differenza di me, che sono qui alla vigilia delle mie nozze con un uomo comune, “banale”, come dice lei, e sono di avere dei bambini e vivere “nel mondo degli etero”. A volte, a sentirla parlare, mi sembra di dover seguire una sorta di Decalogo per persone transessuali e transgender…
Che posso farci se sogno qualcosa di diverso?
Mikaela dice che vorrebbe vedere più personaggi pubblici transessuali, come conduttori, showmen, giornalisti, che rendono la loro condizione pubblica…ma io penso che questi ci siano, solo che hanno deciso di divere questa loro cosa senza asterischi.
Mi scusi, io capisco Mikaela, però chi capisce me? Pensano che io sia una persona che vuole nascondersi, mentre invece io vorrei solo far capire che il fatto di vivere come una persona tra le persone mi ha aiutato a rendermi conto che voglio apparire agli altri come donna, e basta. Chi mi conosce oggi per la prima volta non sa e non si chiede chi io sia stata al liceo.
Il fatto di sentirmi una donna come tante altre mi ha aiutato a capire che anche una transessuale come me può sentirsi afflitta per qualunque questione. Che non bisogna apparire perfette e senza problemi solo perché siamo transessuali. Anche io posso avere i problemi di tutti, anche io posso soffrire d’ansia per motivi che non c’entrano nulla col mio genere.
Se dico a qualcuno che vengo da lei mi chiedono il perché. Chiedono
“Ah, ci vai per il sesso?”, pensando che ogni questione psicologica sia necessariamente legata al sesso ed al genere di una persona.
“Ti sei pentita?”, seguendo il loro pregiudizio secondo cui la transizione non è la scelta giusta e che quindi una persona prima o poi se ne pentirà;
“non ti accetti? non accetti te stesso neanche ora che hai raggiunto ciò che volevi?; “La transizione ti ha portato problemi mentali?” perché collegano l’essere transessuali e/o transgender all’avere problemi di ordine psicologico e disturbi mentali;
“Tutti ti discriminano?” attuando essi stessi la prima forma di discriminazione;
“Le persone transessuali vanno dallo psicologo per tutta la vita?”, cercando di rafforzare il pregiudizio secondo il quale una persona Transessuale avrà per tutta la vita problemi psicologici e che, anzi, la propria condizione derivi proprio da problemi psicologici.
No! Vado dallo psicologo perché ho l’ansia. Ho l’ansia da matrimonio…ho l’ansia per il mutuo…ho la cellulite…ho delle giornate davvero NO…tempo fa ho perso un caro amico ed ho bisogno di elaborare il lutto e da sola non è possibile…ho avuto degli attacchi di panico…so che ci sono delle cose nella mia vita che sono irrisolte e che non c’entrano nulla col genere, e vorrei finalmente fare luce su quello che non va.
Lei, dottore, non mi ha mai chiesto della mia transizione, anzi, sono stata io a dirglielo ed è stato come metterla al corrente di un aneddoto della mia vita, un aneddoto importante, ma non il centro di tutto. Questo suo modo di accogliermi mi ha fatto sentire a mio agio, e quindi ho iniziato a capire che anche io posso soffrire liberamente, come può capitare a tutte le Donne!

Dal mio intervento portato al Meeting “Questione di Identità”,
9-10 Luglio 2016, Trento.
“La storia di Lucia”, un frammento di una storia di vita vera che una donna coraggiosa ha voluto che io condividessi col mondo.

2 thoughts on “La storia di Lucia”

  1. Una donna davvero coraggiosa e allo stesso tempo fragile. Con le sue paure ma anche la sua solidità di persona che affronta la vita che ha davanti. Grazie caro Gabriele! Un sorriso per te. Lila

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