Stereotipi e differenze di genere: le donne nello sport

Gabriele Vittorio  > Psicologia Nella Rete >  Stereotipi e differenze di genere: le donne nello sport
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Lo sport è di tutti. E sappiamo che esistono diversi tipi di sportivi. Oggi più che mai siamo convinti che lo sport non conosca barriere, tanto meno quelle di genere. Se è vero, infatti, che le donne hanno avuto accesso ai giochi olimpici ed allo sport in generale solo molto dopo gli uomini (alle donne era vietato sia partecipare che assistere da spettatrici) oggi sempre di più le vediamo emergere e conquistare il podio.

Le donne e lo sport: un legame difficile

Le donne hanno ricevuto trattamenti differenti rispetto agli uomini anche partendo da presupposti fisici, differenze di genere che hanno influito sulla scalata verso la conquista del diritto allo sport. Le dimensioni psichiche del maschile e del femminile sono molto complesse da indagare, ma quelle fisiche sono sotto gli occhi di tutti, e proprio per questo hanno alimentato, e talvolta ancora alimentano, gli stereotipi di genere che vanno a penalizzare quello femminile.
ma le differenze fisiche e biologiche hanno davvero a che fare con gli stereotipi?
Elenchiamone alcune…

1. Peso e statura

Le donne generalmente presentano un peso minore, una statura inferiore, minore massa magra e maggiore tessuto adiposo rispetto agli uomini.

2. Forza femminile

A causa della massa muscolare inferiore, le donne non raggiungono la stessa forza degli uomini, né la stessa ipertrofia muscolare; questo è dovuto al basso livello di testosterone. La massa muscolare nelle donne è maggiormente concentrata nella parte bassa del corpo (gambe), a discapito di braccia e tronco.

3. L’elasticità delle donne

Le donne generalmente possiedono una maggiore elasticità, dovuta alla presenza di estrogeni.

Adesso elenchiamo alcuni tra gli stereotipi più comuni sulle donne, e che quindi riguardano anche le donne che praticano sport:

1. Sono meno aggressive degli uomini, quindi non sono adatte a certi sport

I differenti livelli di testosterone tra le donne e gli uomini non è una limitazione alle prestazioni negli sport in cui ha un ruolo l’aspetto aggressivo. Questo ormone ha sicuramente a che fare col fenomeno, ma non ne è l’unico responsabile: esistono tanti altri fattori che influenzano le performance degli atleti, non solo l’assetto ormonale.
Andrebbe, inoltre, approfondito il concetto di “aggressività”, spesso frainteso.

2. Sono più impegnate

E’ opinione comune che le donne siano impegnate con gravidanze, figli, famiglia, gestione di tante cose che rendono la loro vita molto intensa e le distolgono dal concentrarsi sullo sport. E’ altrettanto condivisa l’idea che, per rendere al meglio, una donna debba “scegliere” e fare delle rinunce. Questo è vero, se si continua a pensare (e se le stesse donne continuano a pensare), che la figura femminile non abbia gli stessi diritti di condivisione, gestione e delega che hanno gli uomini.

3. Le donne sono limitate perché hanno le mestruazioni

Si crede che il ciclo mestruale impedisca alle donne di praticare sport, allenarsi e fare determinate cose durante quei giorni. Questo può esser soggettivamente vero, ma non sempre lo è: ci sono molte donne che gestiscono al meglio quel determinato periodo del mese, senza necessariamente doversi limitare o privare.

4. Il sentimentalismo è femmina

I sentimenti e le emozioni possono influire negativamente sulle prestazioni sportive, specialmente in gare e competizioni, quindi il genere femminile è penalizzato. Posto che sia davvero così (chi ha dimostrato che le emozioni sono un’esclusiva femminile?), in realtà le emozioni hanno un potenziale grandissimo, e possono risultare dei grandi alleati durante le gare e gli allenamenti.

5. Non possono truccarsi

Questo è uno degli stereotipi peggiori, ma anche molto difficile da scardinare. Si è troppo abituati a vedere le donne come quelle creature che debbono necessariamente essere sempre truccate e agghindate, per essere accettate ed apprezzate come tali.

6. La competizione è maschile

Questa credenza è associata a quella che da una grande importanza all’assetto ormonale (maggiore testosterone, maggiore forza, maggiore competitività). In realtà non è così semplice: la competitivà, come la motivazione, è un elemento assolutamente soggettivo e intrapersonale.

7. Le donne resteranno sempre relegate alla loro categoria

Per quanto possa essere brava una donna ed eccellere nel proprio sport, essa sarà sempre confinata all’interno della “categoria femminile”. A parte gli sport misti, ciò è tristemente vero, se si pensa che le categorie femminili vengono spesso ignorate. Ciò è dovuto al fatto che i media gli danno poca visibilità mettendo in luce, a parità di disciplina sportiva, premi e associazioni, le categorie maschili.
A dare una spinta decisiva alla riflessione che porto in questo articolo è lo stereotipo secondo cui le donne non saranno mai ai livelli degli uomini, in quanto a forza. Questa convinzione è sulla bocca di molti, ed evidenzia come le differenze fisiche siano concepite come penalizzanti per le donne, poiché il termine di paragone è l’uomo. La donna vista come “mancante” delle caratteristiche maschili, non è più una donna, ma un “non-uomo”.
Ecco perché, poi, assistiamo molto spesso a due fenomeni che si riflettono nelle condotte femminili:

1. Il tentativo di assomigliare agli uomini

Molte donne cercano di raggiungere gli stessi livelli maschili per quanto riguarda la massa muscolare e la resistenza; per far questo prolungano oltre i limiti i propri allenamenti, assumono condotte alimentari spesso sbagliate e tendono ad assumere sostanze proteiche e/o “dopanti”, pur di portare il proprio corpo ai livelli dei colleghi uomini.

2. Desessualizzazione

Consiste nel tendere a desessualizzare il proprio corpo (e la propria mente) cercando di eliminare ciò che di femminile si possiede, perché considerato debole e limitante nelle prestazioni sportive. Questo fenomeno è correlato con quello precedente, ma agisce ad un livello molto più profondo, portando la donna ad un vero “rifiuto” del proprio sesso poiché considerato un limite. Ciò porta al rifiuto di sé, con tutti i disagi che ne conseguono.
Questi fenomeni sono responsabili dell’insorgenza di varie psicopatologie femminili che possono essere anche molto gravi.
Perché, quindi, non guardare alle differenze di genere come a ad una risorsa, piuttosto che una limitazione?
Si dovrebbe iniziare a guardare la donna come individuo unico e non paragonabile all’uomo, ma dotato di proprie caratteristiche irripetibili e da valorizzare, in base alle quali adattare il resto del mondo, e non viceversa.
Solo così lo sport potrà diventare, davvero, di tutti.

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